(febbraio 2019)

E’ una luna alta nel cielo quella che stanotte illumina la terra e tutta la bellezza in essa custodita.
Così è il volto di quella donna che, ammaliata da tanto splendore, ci si specchia e riluce di nuova giovinezza. Sono questi i primi pensieri che sgorgano dalla mia mente quando osservo le opere di Enzo Archetti, una sorta di favola meravigliosa che si sprigiona dalle sue tele e dai suoi colori sapientemente orchestrati. Dunque perché non farsi catturare da questa seduzione e arrendevolmente lasciarsi guidare in questo mondo fantastico.
Un gabbiano ad ali spiegate è l’araldo del nuovo giorno. Vola alto in un cielo di tenebra ed al suo passaggio ecco rifulgere un mattino pieno d’oro. Sembra quasi portare sulla sua scia un pesante sipario e chiudere, solo temporaneamente, questa notte infinita. L’ultima regina è la prima a svegliarsi su questo pianeta di stelle e ci accoglie alla sua corte.
Il suo viso è luminoso e sereno, sembra quasi che ci stesse aspettando.
Non conosce la missione che ci guida eppure non teme il nostro sguardo.
Il tratto che la dipinge è sicuro e deciso, ma anche morbido e affettuoso. Una pennellata che è quasi una carezza. Un soffio di vita ne delimita i margini e il decolté lievemente accennato. Lo sguardo è severo e riflette di blu cobalto quel cielo che sovrasta le nostre teste. E’ una regina insolita quella di Enzo Archetti: una sovrana di un regno perduto che non porta sul capo una corona, segno della sua maestà, al suo posto vi è un copricapo ricchissimo e forse ancor più prezioso. Uno sfarzo capriccioso si intreccia sopra al suo viso per mezzo di un caleidoscopico e magistrale uso del colore. Materico ed astratto, non rinuncia all’inserimento dell’oro in foglia, diventando ardito nell’uso moderato e sapientemente dosato di piccole “paillettes” come gemme luminose. Campiture larghe e raffinate si mescolano tra loro arricchendosi di una fantasiosa e multiforme ricerca stilistica. Sembra quasi che la pittura si trasformi, diventando tessuto e leggerissime trine nelle mani di uno stilista capace di creazioni sofisticate.
L’ultima regina ci accoglie nelle sue stanze più recondite e ci presenta una ad una le sue dame di corte. Donne misteriose e meravigliose. Donne capaci di ammaliare e farci innamorare al primo sguardo. Ed è proprio così che Enzo Archetti cattura la nostra attenzione rendendoci incapaci di resistere a queste visioni di pura bellezza. Un cammino psicologico frutto di attenta ricerca ove ogni gesto ed il più piccolo segno sono cautamente pensati e voluti dall’autore molto prima di lasciare il loro tratto sull’opera stessa. Damigelle algide e leggiadre il cui sguardo trapela appena sotto cappelli di straordinaria ricercatezza. Fiori, velature, gioielli appena accennati, tutto questo ad impreziosire volti che già vivono della loro semplicità. Così il mio sguardo si perde nella frenesia di questo incanto. Il colore è sempre delicato e sfumato nelle tonalità dell’incarnato per poi esplodere in meravigliosi gesti di sicura capacità pittorica negli spazi che l’artista si ritaglia per dare sfogo al suo momento di intensa creatività. Tonalità coraggiose e sfrenate a volte, usate per definire quei luoghi che identificano ancora una volta, nella sua unicità, il carattere di Enzo Archetti. Il cielo si tinge di turchese confondendosi col mare, poiché le terre dell’ultima regina si spingono fino a raggiungere lidi lontani e perduti. Una tenda a righe gialle e bianche è strattonata dal vento, sullo sfondo una spiaggia incantata. Tutto si confonde in una luce piena e tipicamente estiva. Lo sguardo si perde in questa moltitudine di colori e lascia il posto alla fantasia. L’astrazione porta il nostro autore ad esplorare terreni insidiosi e mutevoli come nelle sue “Sinfonie” ove materiali diversi, corde, stoffe, divengono elementi architettonici a dividere campiture di ampio respiro.
Sembra quasi che Archetti abbia congeniato queste composizioni in modo da creare delle finestre affacciate su un mondo tutto da creare, volutamente lasciato in bianco e nero. La bellezza e leggerezza delle decorazioni applicate è a stento tenuta insieme da fili leggerissimi pronti a spezzarsi al primo soffio di vento. Ma proprio questo, purtroppo, è il mondo dell’ultima regina, un angolo remoto del nostro cuore sempre in equilibrio tra il reale e il fantastico, tra la razionalità e il sogno.
Il nostro autore conosce molto bene questo confine sottilissimo e su esso gioca, quasi fosse lui stesso ne “l’Infinito” a camminare sopra ad un filo sospeso sul nulla. L’arte, la vera arte, quella con la “A” maiuscola, non ha timore di precipitare nel baratro dell’ovvietà. Si destreggia da sola nelle mani di chi possiede quella saggezza e il coraggio di lasciarsi guidare dalle emozioni più pure che il cuore è capace di trasmettere. Archetti, creatore di questo dialogo meraviglioso fatto di silenzi e preziose immagini, ci accompagna fino in fondo, là dove la materia si spezza definitivamente ed è solo il colore a parlare.
Come nei “Contrasti” e nella “Luce”, opere queste ove il figurativo scompare apparentemente, pur rimanendo sotteso, mascherato soltanto da un gesto impulsivo. Il gabbiano che ci ha guidato in questo regno di luce si allontana “Nello spazio” sopra ad un muro che sembra evocare, in chiave moderna, la famosa “siepe” di leopardiana memoria che “l’altro esclude”.
La bellezza è ciò che davvero conta e ci può salvare dallo squallore e dalla mediocrità che è bene rimangano celati al di là del muro.
Siamo giunti alla fine di questo meraviglioso viaggio che ci ha portato fino ai confini di quella terra che è parte di ognuno di noi. L’ultima regina ci regala ancora uno sguardo prima di vederci allontanare da questa magica atmosfera e tornare al mondo reale, anche se sono certo che la ritroveremo presto, magari nel prossimo sogno.

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