(Giornale di Brescia 22-2-2007)

…“E’ un libro d’artista illustrato con 44 lavori pittorici su tela, in cui la parola scritta diventa ritmo dell’immagine e l’immagine torna a sciogliersi nel flusso della scrittura. Il viaggio, in un artista che già ci aveva dato “pagine di diario” in pittura, è appunto tra frammenti d’esistenza, piccole occasioni quotidiane, opacità e barlumi di luce.
C’è un linguaggio plastico della favola o poesia –ci dice Archetti con la sua operazione-, un’-evidenza- che non rifiuta nessun corpo alle parole. Il suo racconto, infatti, della poesia mostra il tentativo di uscire dai confini della parola per farsi scrittura figurata, parola dipinta, oggetto poetico, cioè libro scritto “di dentro e di fuori”.
L’acrobazia dell’immagine, tra piccoli sortilegi e chimere, fate morgane affidate magari a un semplice profilo di cappello come a suggerire un “profumo di donna”, è il versante di più serena confidenza di questo alfabeto onirico. Più felice, quando la pittura avanza in una risonanza tutta interiore dell’immagine, la memoria affidata all’espressività della materia stessa, come imprimesse e annodasse sulle tele gli accidenti minimi e i piccoli detriti dei giorni, o talora sondasse i varchi dell’infinito, in più larghe campiture o in più ampie colature di colore. Allora diventa una forma, un ritmo di racconto poetico per nominare le cose allusivamente spalancando spazi baluginanti d’ammicco e sogno, miraggi d’esperienza e d’interpretazione del tutto, infinite combinazioni e moltiplicazioni di senso. L’aspetto che piace di più dell’operazione è proprio nel sondare un filone di ricerca intraverbale, a sfruttare valenze, echi, risonanze che si sprigionano dentro la scrittura, a tendere tutte le fibre e nervature delle immagini. In tal modo ci fa vedere come una forma, anche la più codificata, non sia che un caso dell’immagine.
Ci muoviamo in un territorio di parole e immagini che non possono essere divise, mentre l’-ordine- del racconto scritto si ribalta in peripezia di segni e colori: più l’autore cerca di circoscrivere il campo dell’esperienza – in un dettaglio, un frammento, come le note del carillon che danno origine alle avventure di questo libro – più apre prospettive -vaghe- al proprio interno, come se in ogni punto –o frammento- si aprisse un varco sull’infinito (“ma i sogni sono ancora sacri?)….

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